Il Consiglio Comunale di Cinisello Balsamo ha approvato giovedì scorso un ordine del giorno che impone all'Amministrazione Comunale di avviare un censimento degli edifici sfitti e inutilizzati sul territorio comunale. Un’idea che parte dalla campagna di “Salviamo il Paesaggio”, il comitato dei movimenti per la terra e il paesaggio costituitosi a livello nazionale che chiede lo stop alla cementificazione selvaggia del nostro territorio. Oggi manca infatti una normativa nazionale chiara, i singoli comuni sono invece lasciati a se stessi nella programmazione urbanistica e, incentivo pericolosissimo in un periodo di vacche magre come quello attuale, dalle concessioni edilizie gli enti locali traggono una boccata di ossigeno per le loro casse vuote grazie ai cosiddetti oneri di urbanizzazione (usati per finanziare la spesa corrente). Il comitato chiede quindi di approvare una legge nazionale che fissi parametri comuni e criteri standard per ridurre il consumo di suolo vergine in Italia. Una discussione astratta? Non proprio, se pensiamo che l’insieme dei PGT (Piano del Governo del Territorio) approvati nella sola Lombardia comporterebbero un raddoppio della popolazione rispetto ai livelli attuali se attuati completamente. Un dato che ci da anche l’idea della totale mancanza di coordinamento e di pianificazione responsabile in un settore, quello dell’urbanistica, fondamentale da un punto di vista economico, sociale e ambientale. All'interno di questa battaglia nazionale, “Salviamo il Paesaggio” chiede quindi ai comuni di avviare questo censimento per evitare che “i piani urbanistici siano realizzati lontano dai bisogni effettivi delle comunità locali”, prevedendo nuovo consumo di suolo nonostante l’ampia disponibilità edilizia già esistente.
Fino a qui una bella discussione di principio. Ma il tema posto indirettamente dall'ordine del giorno è in realtà questione spinosa che investe, da una parte, l’effettivo ruolo degli enti locali nella regolamentazione urbanistica e, dall'altra la capacità di evitare un’eccessiva edificazione senza però bloccare lo sviluppo delle città. Sotto questo punto di vista, approvare un odg di questo tipo vuol dire senz'altro aderire ad una campagna di livello nazionale, ma vuol dire anche aprire oggi un ragionamento scevro da pregiudizi di qualunque tipo rispetto al modello di sviluppo e di crescita di Cinisello Balsamo. Innanzitutto, perché una cosa è parlare di “consumo di suolo zero” in un comune di 2000 anime, un’altra in un comune di 74000 abitanti le cui esigenze sono molto più complesse. In secondo luogo, perché la crisi del mercato immobiliare non vuol dire necessariamente che non ci sia una domanda di casa e un bisogno di nuovi servizi da soddisfare. Un recente studio del Cresme dimostra infatti come oggi la domanda abitativa sia ancora forte, ma è una domanda che proviene dai giovani, dagli immigrati e dalle famiglie in difficoltà, una volta ceto medio, una domanda quindi per un’abitazione a prezzi “non-di mercato” che richiede un forte intervento pubblico. In terzo luogo, perché i comuni hanno meno potere di quanto sembra. Il Piano di Governo del Territorio può infatti fissare delle destinazioni d’uso ma non basta scrivere che in una zona vogliamo un parco e in un’altra una piscina. Senza il coinvolgimento degli operatori privati sul territorio anche il più bello dei piani rischia di restare lettera morta. Non basta neanche identificare gli edifici sfitti per obbligare in automatico i proprietari a renderli disponibili. Si può alzare l’IMU sulle seconde case, si possono creare agenzie della casa per facilitare l’incontro tra domanda e offerta, ma a livello locale è molto complicato obbligare un proprietario a vedere o affittare contro la propria volontà. Resta poi da declinare meglio il concetto stesso di consumo di suolo. Costruire un parchetto dove prima c’era un pezzo di terra lasciato a se stesso è consumo di suolo? Edificare in verticale per non occupare suolo è un’alternativa valida? Come recuperare suolo riqualificando aree ex-industriali? Tutte questioni tecnicamente, e politicamente, non semplici.
Quello che si può invece fare è procedere con la riqualificazione dell’esistente prima di avviare nuove costruzioni, evitare trasformazioni d’uso che si traducano in speculazioni di carattere finanziario, promuovere edifici a basso consumo energetico e l’edilizia convenzionata, introdurre meccanismi di compensazione ambientale, azzerare l’uso degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente, programmare lo sviluppo del territorio evitando di edificare laddove non è strettamente necessario. Questo vuol dire oggi, in attesa di provvedimenti nazionali più incisivi, “salvare il paesaggio”. Non è un obiettivo da poco, anzi forse è ancora più complicato da raggiungere del semplice stop ad ogni nuova costruzione, perché significa essere in grado di coniugare insieme difesa dell’ambiente e sviluppo della città. Ma è un obiettivo che non possiamo non porci in vista della prossima legislatura.
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